l'Attacco

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LA PROF. AI BANBINI: NON CANTATE BELLA CIAO? ALLORA VI INTERROGO

Anche in una scuola della nostra Brianza la “faida” politica colpisce i bambini. La sinistra non perde occasione per manipolare a suo favore la storia e raccontarla solo dove conviene, in questo caso imponendo ai bambini, con intimidazioni, di cantare bella ciao. Giusta la levata di scudi dei partiti di cdx, triste la replica del sindaco di Desio e dell’assessore, che sviano sul passato e tralasciano il presente, dove i bambini vengono intimiditi per fini politici. Da sinistra gli stessi benpensanti che il 10 febbraio, in ogni modo, cercano di censurare una ricorrenza come il “Giorno del Ricordo”, quando arriva il 25 aprile non perdono occasione per riempirsi la bocca di libertà, ma nella realtà cercano di toglierla a chiunque loro non sia gradito.

 

CASARINI FINTO PALADINO

Il disubbidiente paladino dei migranti Luca Casarini è passato dal “fate venire avanti sti cazzo di migranti”, citazione con cui ha vinto un bel tapiro d’oro, al business dell'immigrazione lucrando su coloro che reputa disperati. La coerenza di questi signori è talmente imbarazzante che non riesce a fargli vergognare, al contrario continuano imperterriti a predicare la loro finta ideologia solo per denaro. Ora che la magistratura, auguriamoci non quella modello Palamara, metta fine a questa tratta degli schiavi 2.0 e si inizi a pensare agli italiani che sono stretti dalla morsa del virus, da un lato e da quella dell’incompetenza politica dall’altro. Ma questa sembra più essere un’utopia considerato che nonostante questa morsa, chi amministra, come il presidente dell’inps Tridico, ha il coraggio di dichiarare che bisogna dare il reddito di cittadinanza agli immigrati anche se non regolari da 10 anni sul territorio italiano.

 

IL NEO PRESIDENTE USA BIDEN ACCUSA PUTIN

A gennaio, a pochi giorni dalla fine del suo mandato, i democratici a stelle e strisce hanno invocato il XXV^ emendamento della costituzione per destituire Trump, accusato di non essere stabilmente adatto al ruolo. Se per Trump il procedimento di impeachment è caduto nel vuoto per il neo presidente USA, il messia Biden, dovrebbe, oltre che invocato, anche essere concluso positivamente, se l’ex presidente era matto come si definisce il successore che da dell’assassino al presidente di una nazione sovrana nonché stato membro dell’ONU, come la Russia? Forse nonno Biden non ricorda che la guerra fredda è finita e crede di giocare a risiko, dopo le bombe alla Siria ora vuole giocare con una potenza come la Russia. Cari sinistri volevate il messia avete il demonio...

 

SUCCEDE AL FESTIVAL DI SANREMO 2021

Durante il festival di Sanremo è stato sferrato un duro colpo ai Boldrini&co, il DIRETTORE d’orchestra Beatrice Venezi ha fatto una dichiarazione che va contro il politically correct affermando che Lei è direttore e non direttrice perché quello che conta è il talento. Parole non solo condivisibili ma che le femministe di professione dovrebbero prendere d’esempio invece che storpiare la lingua italiana, non è certo una “A” posta a fine parola a certificare la bravura o la competenza. In un contesto moderno dove si cerca di distruggere ogni identità, che sia uomo o donna, padre o madre non possiamo che dire grazie al Direttore Beatrice Venezi che oltre salvato, se cosi si può dire, un’edizione del festival di Sanremo che rischiava di diventare un degrado sociale, ha avuto il coraggio di andare contro il pensiero unico.

 

TUTELIAMO IL NOSTRO FUTURO: I BAMBINI

Apprendiamo con dispiacere la notizia per cui da settembre le scuole monzesi avranno la possibilità di aderire al progetto Rainbow, fortemente voluto dal consigliere appartenente al partito Sinistra Ecologia e Libertà, Alessandro Gerosa, che da febbraio si è dato da fare affinché la mozione da lui presentata sul tema venisse approvata dal Consiglio comunale. Un progetto che ora sembra tramutarsi in realtà, in quanto la proposta è stata recepita dall’Assessorato all’Istruzione, che si è messo subito in moto per provvedere alla pubblicizzazione dello stesso. Il progetto Rainbow, finanziato dall’Unione Europea, consiste nella presentazione di una serie di DVD animati e di questionari volti all’introduzione dell’ideologia di genere, che certo non ha la valenza che può avere una teoria scientifica, mascherata come lotta all’omo-transfobia e al bullismo, ed è rivolto ai bambini dai 6 anni fino ai ragazzi di 16. È chiaro che il progetto, che rispecchia e promuove le rivendicazioni delle associazioni LGBTQI, ha una finalità ben precisa: educare fin da piccoli ad una diversità sessuale discutibile, quantomeno nei modi in cui viene propagandata , attraverso vie che esulano dall’insegnamento scolastico. La tematica è molto delicata, in quanto va a toccare uno dei tasti dolenti del rapporto professore-genitore: quello dell’affettività e della sessualità. La maggior parte dei corsi che vengono proposti nelle scuole sono di solito svolti da personaggi, che, benché siano fortemente ideologizzati, possiedono una qualifica professionale nei rami delle discipline psicologiche, ma nonostante questo sentiamo spesso di genitori che si lamentano del contenuto o dei temi espliciti di tali corsi. Molte volte ne sono all’oscuro, e lo scoprono solo tramite il confronto con gli altri genitori o magari perché un ragazzino è rimasto scandalizzato e ha raccontato tutto alla mamma. La questione fondamentale si riduce ad una: è opportuno che persone sconosciute, per quanto addestrate, si sostituiscano ai genitori in primis e agli insegnanti poi nel ruolo fondamentale di educatori? Per di più è opportuno mostrare a bambini di 6 anni (e non che la cosa sia migliore nel caso di un ragazzo di 16) un cartone o un filmato in cui un criceto si innamora di una cricetina che poi si scopre essere maschio? La realtà è che ogni bambino ha bisogno di crescere secondo tempi e modalità diverse. Si può essere svegli e sgamati a 8 anni come timidi e impacciati a 16. La standardizzazione non aiuta e non favorisce lo sviluppo individuale, anzi rischia di ostacolarlo. Proprio per questo motivo riteniamo che su questioni delicate quali l’educazione alla sessualità e all’affettività i primi educatori devono essere i genitori e gli insegnanti. Proprio per questo rivendichiamo, per questi temi, la libertà di educazione come base fondamentale dell’azione familiare e scolastica. Sotto la maschera della lotta all’omo-transfobia dunque c’è qualcosa di più pericoloso e minaccioso: la saturazione e la distruzione della famiglia e della libertà di educazione. L’appello dunque è rivolto a tutti i genitori che spesso non sono consapevoli di quanto avviene nelle scuole. Per questo Vi chiediamo di prestare la massima attenzione affinché Voi siate partecipi della vita dei vostri figli e Voi decidiate il momento opportuno per parlare di tematiche delicate quali quelle che progetti come il Rainbow cercano di introdurre quotidianamente nelle scuole. Per un approfondimento segnaliamo gli ultimi due articoli a riguardo:

·“Da Lucas a Luus” e altri otto dvd con cui a Monza si insegnerà il gender alle elementari.

Genitori contro il progetto Rainbow (http://goo.gl/hq2AEA)

· - Monza, a scuola serie dvd di storie di bambini trans e cartoni animati gay (http://goo.gl/F8lBFc)

Fortunatamente, il supporto dell’Assessorato non è prescrittivo nei confronti delle singole scuole: spetterà ad ogni singola amministrazione decidere se aderire o meno. Da questo punto di vista, il nostro impegno è quello di contrastare insieme a Voi progetti che vogliono sminuire il vostro fondamentale ruolo di genitori. Non è più il tempo in cui si possano delegare ad altri, che chiaramente stanno abusando della fiducia in loro riposta, il ruolo di crescere i propri figli: è necessario tornare ad essere protagonisti in questo campo, per il bene dei nostri bambini. Ci rivediamo a settembre! Stay tuned!

Lealtà Azione Monza Brianza

 

 

GOVERNO TECNICO O TEATRINO?

Ed eccoci qui ancora ad assistere al triste spettacolo del TEATRINO DELLA POLITICA!! Berlusconi rassegna le dimissioni per mancanza della maggioranza parlamentare, perché oltre ai famosi finiani del fli anche altri deputati eletti nelle file pdl hanno pensato bene di abbandonare la nave prima che i siluri atlantici l'affondassero!! Ma sorge una domanda: perché quando alcuni deputati passano al centro destra sono comprati e a parti invertite hanno senso di responsabilità?? Grazie a questi abbandoni i siluri ci hanno colpito e adesso vogliono imporci un loro governo con il benestare di (quasi) tutti!! guarda caso durante i tre anni di governo l'opposizione ha sempre dichiarato che la democrazia in Italia era a rischio, ed aveva ragione visto che si sta attuando un golpe senza uso delle armi. Dunque perché non ritornare a votare? In teoria il centro sinistra vincerebbe ad occhi chiusi, così sperano, ma se il voto non lo vogliono un motivo ci sarà!! Considerando che le elezioni sono il punto massimo del livello di democrazia cioè il popolo è chiamato a scegliere da chi farsi governare, perché questi “amanti” di democrazia ora ripudiano tutto ciò? Probabilmente come recita uno spot televisivo “ti piace vincere facile!!!”. E noi paghiamo la situazione. Ma non è l'unico motivo per cui non vogliono le elezioni. L' Italia è in crisi economica come il resto d'Europa e forse del mondo, crisi causata o voluta dall'alta finanza e dai banchieri, e i nostri politici chi scelgono?: Mario Monti, guarda caso appena nominato senatore a vita, ma non solo il dott. Monti è Presidente europeo della Trilateral Commission, un gruppo di interesse di orientamento neoliberista fondato nel 1973 da David Rockfeller e membro direttivo del gruppo Bildelberg. Dal 2005 è intaernational Advisor per Goldmann Sachs…Prodi, Dini, Padoa Schioppa, Mario Monti, Mario Draghi aparatchik di Goldman Sachs. Ma pensando bene ai governi di sinistra mi viene in mente che il ministero dell'economia è sempre stato affidato a gli stessi uomini, ai vari Dini, ai Padoa Schioppa. Per non dimenticare che i governi tecnici condotti da questi signori quali Dini e Amato appoggiati dalla sinistra hanno sempre fatto leggi che la sinistra finge di difendere, come l'aumento dell'età pensionabile. Sarà proprio questo il motivo che hanno provato in ogni modo a buttar giù Berlusconi, tra scandali, magistrati e chi più ne ha più ne metta. Ma come al solito senza la mano straniera non ci sarebbero riusciti. Ora vedremo cosa ci prospetterà il futuro, ma soprattutto aspetto i sindacati perché quando il governo tecnico farà leggi su art. 18 e art.8 dovranno inventarsi mille scusa da far digerire a noi lavoratori perché non si farà un minuto di sciopero, del resto si sa sono governi amici!!!

 

I RAGAZZI DEL ’53

La storia de “i ragazzi del’53” arriva da lontano, dall’irredentismo giuliano-dalmato che nacque con la conclusione della guerra del 1866 che, nonostante l’annessione del Veneto all’Italia, lasciò sotto occupazione straniera la Venezia Giulia, l’Istria, Fiume, il Trentino, l’Alto Adige e Nizza. Con tale premessa si vuole rilevare il sentimento d’italianità della popolazione giuliano-dalmata che mentre la seconda guerra mondiale volgeva al termine, il 1 maggio del 1945, vedeva le truppe del maresciallo Tito occupare la città di Trieste, col benestare del partito comunista italiano che con un manifesto firmato Palmiro Togliatti, invitava la popolazione ad “accogliere le truppe titine come liberatrici”. Ma queste tentarono di cancellare ogni forma d’italianità come fecero con i territori, da loro occupati, dell’Istria e Dalmazia. Furono responsabili di violenze e repressioni inaudite che costrinsero le truppe alleate ad occupare Trieste e la Venezia Giulia, allontanando dopo 40 giorni le truppe slave. Con il trattato di pace sancito a Parigi nel 1947 si definì il passaggio dell’Istria di Fiume e Pola alla Jugoslavia e si costituì il territorio libero di Trieste (TLT).

 

Negli anni successivi il conseguirsi di voci che prevedevano un prossimo progetto d’occupazione del TLT da parte di Tito creò un clima pesante tanto da spingere alcuni giovani triestini a recarsi in territorio italiano per avere lezioni di tecnica militare. Questo clima era incentivato dal fatto che le truppe alleate avevano lasciato l’Italia da qualche anno ma erano rimaste a Trieste, dove sembravano fare di tutto per eliminare ogni elemento d’italianità.

 

Con questo clima si arrivò dunque nel 1953 precisamente il 3 novembre, quando in occasione dell’anniversario dell’ingresso delle truppe italiane a Trieste nel 1918 e della festa di san Giusto, patrono di Trieste, il sindaco Gianni Batoli espose sulla torre del municipio la bandiera tricolore, violando le istruzioni del comando anglo-americano, che fece rimuovere il vessillo dalla polizia americana. Tale atteggiamento fu interpretato dalla popolazione come un affronto e un tradimento, poiché 8 ottobre gli alleati s’impegnarono, con una Dichiarazione, a permettere il passaggio di Trieste all’Italia. Quest’affronto diede vita ad un corteo spontaneo che fu disperso immediatamente ma non placò il disappunto e nel pomeriggio in Piazza dell’Unità d’Italia fu gettata in mare una corona di fiori e in corteo sino al monumento del triestino Rossetti dove lo avvolsero con il Tricolore. Ma furono nuovamente dispersi.

 

Il giorno successivo, il 4 novembre, dopo le celebrazioni della vittoria italiana della grande guerra a Re di Puglia, rientrando a Trieste, la popolazione diede vita ad un corteo diretto a Piazza dell’Unità d’Italia dove solo l’intervento della polizia impedì ai manifestanti di issare il Tricolore. Furono feriti alcuni manifestanti ma tuttavia nessuno si diede per vinto e la contestazione continuò con sassaiole verso la polizia, con l’assalto ad un cinema britannico, una tipografia jugoslava e la sede del fronte indipendentista che voleva l’indipendenza dall’Italia del TLT. Ormai la protesta era sempre più sentita nella città e invece di attenuarsi aumentò. Il 5 novembre invece di recarsi a scuola o in università, gli studenti si riversarono nelle strade e si radunarono nella piazza, a metà mattina i cortei erano due, in piazze differenti, e subito iniziarono gli scontri con la polizia. Ci furono parecchi feriti ma la protesta continuò e nel pomeriggio arrivò l’ordine di “sparare in aria una salva d’avvertimento” ma, le vittime furono Antonio Zavadil e Pietro Addobbati, di 15 anni. Il caos piombò sulla città furono attaccate ogni installazioni alleate. Dopo che alcuni poliziotti, della polizia civile, misero al collo il fazzoletto tricolore per solidarizzare con i manifestanti, il comando alleato temendo che si ammutinassero sciolse la polizia e la sostituì con squadre composte da sloveni anti italiani e note per la loro ferocia. La protesta continuò il 6 novembre in dimensioni più ampie e in Piazza dell’Unità d’Italia la polizia di guardia alla prefettura aprì il fuoco sui manifestanti. Restarono sul selciato Saverio Montano, di 52 anni, Francesco Paglia, di 24 anni, Leonardo Manzi, di 17 anni, molti i feriti, ma dalla piazza i colpi della polizia si spinsero oltre e perse la vita anche Erminio Bassa, di 50 anni, che si trovava lontano dalla manifestazione. Le perdite umane diedero un senso d’orgoglio ai manifestanti che sentirono il dovere di proseguire la rivolta ma l’intervento del sindaco e del vescovo Santin chiedendo la fine dei disordini e chiudendo ogni rapporto con le autorità anglo-americane fecero cessare la rivolta. Per screditare la protesta sia durante sia dopo i giornali inglesi diedero una matrice fascista ai manifestanti, ma fu una teoria che non tenne poiché le manifestazioni erano popolari al di la d’ogni appartenenza politica. Grazie al sacrificio di questi 6 “eroi” il 5 ottobre del 1954 fu firmato il, Memorandum d’Intesa, e il 26 ottobre Trieste passo definitivamente all’Italia. Abbiamo voluto raccontare questa storia, per farla conoscere perché il sacrificio di quei sei patrioti sia sempre ricordato. Ricordo che rimmarrà indelebile nel tempo grazie anche al conferimento della Medaglia d'Oro al Valor Civile ricevuta nel 50° anniversario del ritorno di Trieste all'Italia dal Presidente della Republica Carlo Azeglio Ciampi. Medaglia che rende omaggio non solo alle vittime ma a tutta la popolazione giuliano-dalmata che per evitare la pulizia etnica di Tito dovette lasciare la propria terra, esclusa dal Memorandum d’Intesa alla riannessione all’Italia. Un omaggio mai reso ai 350.000 italiani che scelsero la madre patria, che gli accolse con freddezza.

 

GIARDINI DEDICATI A SERGIO 23/09/2011

Lo scorso marzo la Giunta Comunale ha finalmente deliberato l'intitolazione dei giardini di via Calatafimi a Sergio Ramelli. Giovane studente che il 13 Marzo 1975 venne aggredito a colpi di chiave inglese sotto casa, mentre rientrava da scuola, da un commando di studenti della facoltà di medicina aderenti ad Avanguardia Operaia, organizzazione di estrema sinistra. Sua colpa: essere iscritto al Fronte della Gioventù, organizzazione giovanile del M.S.I. In seguito ai colpi ricevuti, dopo 47 giorni di agonia, Sergio, che aveva 18 anni, il 29 Aprile dello stesso anno si spense. I suoi attentatori non lo conoscevano neppure, tanto che per colpirlo avevano avuto bisogno di una foto. Agirono esclusivamente accecati dall’odio politico. Questa intitolazione è stata decisa dalla Giunta comunale a seguito di una richiesta presentata in Circoscrizione4 nel ormai lontano 2004. La richiesta è stata votata e approvata dal consiglio di zona durante l'amministrazione di sinistra. Naturalmente, non si è avuto riscontro da parte dell'allora Giunta, nonostante i ripetuti solleciti con e-mail e lettere. Le istanze sono proseguite anche con il cambio dell'Amministrazione. I motivi della richiesta sono stati esposti sia al Sindaco Mariani che all'allora Vice Sindaco Allevi, e si erano avute rassicurazioni sulla riuscita dell'intitolazione. A dare forza alle motivazioni il 29 aprile 2008 si è organizzata una fiaccolata che ha attraversato le vie della città fino ai giardini di via Calatafimi, ed è da allora che per noi sono ufficialmente e moralmente intitolati. Ora a distanza di anni la richiesta è stata approvata e venerdì 23 settembre alle 12.15 verrà posta la targa in ricordo di Sergio, dove ci saranno scolpite le parole che hanno animato la richiesta e le decine di militanti che l'hanno supportata: “ in nome di una pacificazione Nazionale che accomuna in un’unica pietà i morti di un periodo oscuro e come monito per le generazioni future affinché simili fatti non debbano più accadere”.

 

 

GIORNO DEL RICORDO

L’Italia si presta a celebrare il 10 febbraio la “Giornata del Ricordo”, dedicata a quanti perirono barbaramente nelle Foibe o dovettero scappare, dopo l’8 settembre 1943, dalle nostre terre dell’Istria, Fiume e Dalmazia. Noi vogliamo, nel nostro piccolo, ricordare quella tragedia che colpì il nostro popolo, tragedia che per 60 anni è stata taciuta per omertà politica e culturale. Oggi quel muro di omertà sta crollando e le verità vengono a galla. Per noi il 10 febbraio è solo un inizio per ricordare e non per dimenticare, per poterci stringere attorno agli esuli di quelle terre, che ancor oggi si sentono non amati dalla loro Patria, che ancora soffrono per quel terribile trattato del 1975 firmato a Osimo. Nella cittadina marchigiana, il 10 novembre di quel anno, l’allora ministro degli Esteri italiano, Mariano Rumor, e quello jugoslavo, Milos Minic, firmano un trattato meritevole di entrare nel Guinness dei primati. Uno dei due contraenti, il governo di Roma, paga una serie di prezzi non da poco: la rinuncia alla sovranità italiana sulla zona B, la concessione di una zona franca italo-jugoslava, a cavallo del confine di Trieste, che apre a Belgrado una porta verso il Mercato Comune, più altri vantaggi materiali. L'altro contraente, la Jugoslavia, non dà contropartite di alcun genere, si limita ad incassare i lauti benefici. Una sorta di curioso patto leonino, nel quale tutti i vantaggi vanno alla parte più debole, Belgrado, e tutti i danni a quella più forte, Roma. Siamo infatti in un momento nel quale l'Italia ha ormai il rango di quinta o di sesta potenza economica mondiale, nel mentre la Jugoslavia risulta già un paese economicamente allo sbando e segnato politicamente dalla generale previsione che, alla morte dell'ormai anziano dittatore Tito, tutto il suo castello politico sarà destinato alla crisi e forse allo sfascio. Con il Trattato di Osimo si realizza tra l'altro un fatto politico-costituzionale di rilevanza assoluta: l'Italia accetta, tranquillamente, di sacrificare la sua integrità territoriale, senza che il mondo politico (salvo poche eccezioni) sembri quasi accorgersene. Questo trattato fu un’altra beffa per i 350.000 profughi che lasciarono la propria terra natia per sfuggire alla morte. Il grande calvario del nostro popolo massacrato e in fuga, fu una storia di amor patrio e ardimento, ma una strategia politica, volta ad insabbiare quei tragici fatti, la nascose. Altra pugnalata che i nostri connazionali ebbero fu proprio al funerale di tito (volutamente in minuscolo) dove all'ora presidente (volutamente in minuscolo) della Repubblica Italiana , sandro pertini (come sopra) non solo presenziò ma baciò la bandiera jugoslava, e pare anche la bara del maresciallo assassino di innocenti italiani. L'ultimo atto di questa tragedia si svolge nel maggio del 1996. A Roma è stato appena formato il governo Prodi. Sottosegretario agli Esteri figura l'on. Piero Fassino il quale, prima ancora che il Senato abbia votato la fiducia al Governo di cui fa parte, si precipita a Lubiana per incontrare i governanti sloveni (tutti, come lui, ex comunisti doc) per consegnare alla Slovenia il bel pacco dono: la rinuncia italiana ad ogni veto, affinché le porte d'Europa si possano spalancare per Lubiana. Il tutto senza ottenere, e nemmeno chiedere niente di niente in contro partita. La minoranza italiana e la sua unitarietà restano così in balia dei governanti sloveni; quanto ai beni rapinati agli Esuli il prode Fassino ottiene la vaga promessa che essi quei beni forse potranno ricomprarseli (da coloro che glieli hanno rubati). Promessa che, proveniente da un governo balcanico e di ex comunisti, ha comunque un grado di probabilità di realizzarsi che è molto prossimo allo zero. La sinistra italiana e i governi guidati dalla Democrazia Cristiana porteranno sempre con loro come una macchia indelebile nella loro coscienza, la sofferenza dei propri connazionali abbandonati al loro tragico destino.

 

ACCA LARENTIA

«Un nucleo armato, dopo un'accurata opera di controinformazione e controllo alla fogna di via Acca Larenzia, ha colpito i topi neri nell’esatto momento in cui questi stavano uscendo per compiere l'ennesima azione squadristica. Non si illudano i camerati, la lista è ancora lunga.» Con questa vigliacca rivendicazione i “Nuclei Armati di Contropotere territoriale” hanno firmato il massacro del 7 gennaio 1978 ad ACCA LARENTIA dove assassinarono con armi automatiche FRANCO BIGONZETTI, che morì sul colpo, e FRANCESCO CIAVATTA che ferito tentò di salvarsi ,venne rincorso e colpito alla schiena dai vili aggressori. Come se tutto questo non fosse già una tragedia alcune ore dopo venne colpito a morte da un capitano dei Carabinieri, STEFANO RECCHIONI, che durante scontri avvenuti per protestare contro l'agguato sparò ad altezza uomo. A TRENTATRE ANNI DAI TRAGICI FATTI RICORDIAMO QUEI GIOVANI CAMERATI CADUTI......FRANCO, FRANCESCO E STEFANO.....PRESENTI!!!!!!

 

YUKIO MISHIMA

Mishima Yukio, pseudonimo di Hiraoka Kimitake, scrittore giapponese, autore di romanzi centrati sulla dicotomia fra i valori della tradizione e l'aridità spirituale del mondo contemporaneo. La sua prima opera, Confessioni di una maschera (1949), parzialmente autobiografica, gli diede subito fama e successo. La popolarità andò ulteriormente consolidandosi con La voce delle onde (1954), Il padiglione d'oro (1956) e Il sapore della gloria (1963). In seguito, con la tetralogia Il mare della fertilità (1965-1971) Mishima affermò il valore della cultura del Giappone imperiale, criticando gli esiti del processo di modernizzazione del paese. Temi ricorrenti della sua produzione sono il mito della forza e dell'eroismo, l'erotismo, il legame inscindibile fra sensualità e violenza, tra bellezza e morte. Nella vita, Mishima volle incarnare questi ideali: nazionalista e conservatore, fondò la Tatenokai, Società dello scudo, basata sull'esaltazione della cultura fisica e delle arti marziali. Il 25 novembre 1970 accompagnato da i suoi fedeli camerati della Tatenokai si reca nel quartier generale del Jieitail che è la forza di autodifesa dell’esercito giapponese, con la scusa di mostrare la sua sciabola, prezioso cimelio, al generale Kanetoshi Mashita. Dopo aver ottenuto l’autorizzazione il gruppo mette in atto il proprio piano e dopo aver preso in ostaggio il generale Mashita, Mishima pronuncia un discorso alla nazione prima di porre fine ai suoi giorni con un clamoroso harakiri, ultima protesta contro la perdita di valori del Giappone moderno. Yukio Mishima termina in questo atto violento la sua importante esistenza, suicidio che non è comprensibile per la nostra cultura, e per questo non lo comprendiamo, ma che fa capire come dietro una decisione così drastica ci sia una grande fede per la propria tradizione. atto tragico che nella tradizione Samurai rappresentava l’estremo sacrificio per purificare la propria anima dal disonore della cattura.

 

LEON DEGRLLE

Léon Degrelle è nato a Bouillon, nel belgio francofono, il 15 giugno 1906.

Nato da una famiglia di origine francese espatriata nel 1901, dopo l’espulsione dei gesuiti di Francia, Leon Degrelle frequentò la scuola al Collegio di Notre Dame de la Paix a Namur (Belgio). Durante il periodo degli studi a Loviano (1927 – 1930) inizia ad occuparsi di giornalismo (L’Avant Garde), di letteratura e di poesia. Nel 1929 diventa redattore capo del quotidiano "Il XX Secolo" di Bruxelles. Viaggia in Italia, conosce il Fascismo e l’Azione Cattolica. Vive qualche tempo in Messico, clandestino, in mezzo ai partigiani cattolici, i "Cristeros". Tornato nel 1931 dirige l’Azione Cattolica belga e poi, nel 1935, fonda il movimento Rex. Come nella maggior parte degli Stati europei, negli anni tra i due conflitti mondiali, la democrazia parlamentare fu messa in causa da molti settori politici perché non riusciva a risolvere lo stato di crisi del Belgio. Dentro al partito cattolico i tentativi di rinnovamento si diversificarono in varie direzioni: la decristianizzazione voluta da Picard cercava di raccogliere simpatie a sinistra, mentre l’altra corrente, di carattere borghese, seguiva una linea politica filo – francese ed antitedesca. Solo Degrelle riuscì a superare questa crisi grazie alla sua figura di leader oratore, giornalista, poeta, deputato e soldato. Appoggiò in pieno la causa Nazionalsocialista, tanto che decise di partire con un gruppo di volontari per il fronte dell’Est l’8 agosto 1941 come soldato semplice. Tra il ’41 ed il ’43 combattè sul Caucaso, conquistando i gradi sul campo di battaglia fino a diventare un comandante della Waffen SS. Continuò la sua scalata nella scuola di Bad Tolz. Tornato in Russia, si distinse nel rompere l’accerchiamento sovietico a Tcherkassy. Fu convocato da Hitler che lo designò Cavaliere della Croce di ferro, rendendolo popolarissimo anche in Germania. A guerra ormai perduta riuscì rocambolescamente a raggiungere le coste spagnole dove iniziò il suo dopoguerra fra alti e bassi finanziari, ma sempre fermo nella sua fede (…). Sul caminetto del mio esilio ho fatto incidere queste parole: "Un po’ di fuoco in un angolino del mondo e tutti i miracoli di grandezza restano possibili." Tutto è possibile, ragazzo ragazza che mi ascolti, fede nella vita!". Si può parlare di Leon Degrelle per ore oppure si può semplicemente nominare che l’effetto è sempre il medesimo, un profondo stupore e un timore quasi reverenziale, quasi si trattasse di una divinità. Certo che pensare al fondatore di REX al volontario della Vallonie al Comandante della Vallonie e successivamente all’esule non è come pensare alla partita di calcio domenicale. Degrelle riuscì a conciliare il paganesimo germanico con l’intimismo cattolico in un modo così semplice ma nel contempo così spirituale che è difficile comprenderlo. "… ah il Diavolo marcia con noi in terra rossa…" cantavano i legionari e Degrelle pur cantando con i suoi soldati rimase cattolico nel profondo. Ma la grandezza di Degrelle, a mio giudizio, divenne immensa nel momento della sconfitta, nel momento del totale annichilimento di tutto ciò per cui aveva lottato e in cui aveva creduto. In esilio in terra di Spagna non si rinchiuse in arroganti silenzi o in tristi rimembranze. In altro modo, in altre forme continuò la Sua battaglia ideale scrivendo, tenendo conferenze, accettando anzi ricercando sempre il confronto su qualunque tema e su qualunque argomento con una vitalità enorme. Nel piccolo brano che segue Degrelle racconta ciò che erano i suoi sogni e ciò per cui ha combattuto e perso. La grandiosità è che dal brano non traspare altro che un immensa spiritualità gioiosa e un incrollabile fede nel futuro. "Noi abbiamo detto allo Stato: non occupatevi di quello che non vi riguarda: le coscienze non sono affar vostro. Occupatevi delle riforme sociali, politiche, economiche e lasciate le anime tranquille. Ed abbiamo detto alla Chiesa: diffondete la verità e la luce, raggiungete le anime in una atmosfera sempre più pura. Ed in un Paese, dove dirsi cattolici significava appartenere ad un partito, abbiamo chiesto al clero di avvicinarsi alle anime in punta di piedi, tacendo, e di non occuparsi della nomina delle guardie campestri e dei segretari comunali. Abbiamo così realizzato nel nostro movimento, la realizzeremo domani nel Paese, l'unità fra credenti e non credenti. Alla Camera, al Senato, abbiamo inviato dei parlamentari ai quali non avevamo chiesto se erano cattolici o se non lo erano. Erano dei buoni cittadini che andavano a servire il loro Paese, ed un Paese è un bene comune di quelli che credono e di quelli che non credono. Ed erano in gran parte dei giovani, di cui molti avevano appena i venticinque anni necessari per essere eletti. Perché il nostro Movimento, come quelli dei Popoli che si sono salvati, è giovanile. Giovinezza!, come cantate voi Italiani.

" Si era diviso tutto il Paese in classi: classe contadina, classe operaia, classe media, classe dirigente. Noi rexisti abbiamo mostrato alle classi che erano legate l'una all'altra , e non soltanto dall'anima, dagli slanci umani, ma dalle realtà economiche. La classe contadina non può fare a meno degli operai. Ma quando gli operai sono in miseria chi ne soffre? Anche i contadini che non possono vendere i prodotti della terra agli operai delle officine. E quando i contadini sono in miseria patiscono operai e contadini, perché i contadini non comprano i prodotti delle officine che non possono lavorare a pieno rendimento. Nel sistema capitalistico, quando succede che gli sbocchi sui mercati stranieri sono chiusi, tutte le classi ne soffrono, perché sono legate l'una all'altra come gli anelli di una catena. Per questo, noi rexisti abbiamo spazzato tutte le lotte di classe e siamo riusciti a far eleggere nello stesso giorno un discendente della più alta nobiltà Belga, un nipote di De Marode e di Montalembert insieme ad un operaio metallurgico di Liegi, Knappen, nobile anche lui della più bella nobiltà del mondo: quella del lavoro. " Ed abbiamo pure superato la lotta delle lingue: Francese nel Sud, Fiammingo nel Nord, Tedesco nell'Est. Si faceva credere ai Valloni, ai Fiamminghi ed ai Tedeschi che per mantenere la loro cultura dovevano restare sulla difensiva, l'uno contro l'altro. Ed invece noi abbiamo dimostrato, parlando in Francese ai Fiamminghi ed ottenendo da loro 100.000 voti, che era per noi un beneficio inestimabile essere ad una confluenza di civiltà e poter gettare ponti tra il Germanesimo e la Latinità. " Questa concezione della riconciliazione Nazionale nella pace religiosa, sociale, linguistica, è la negazione del parlamentarismo, che è, invece, il culto dell'odio e dell'incompetenza. Perciò noi vogliamo riportare il Parlamento alla sua funzione storica, che era unicamente il controllo ed il voto del Bilancio, e vogliamo creare al suo posto gli organismi corporativi che ci mancano. Noi vogliamo ricondurre l'elaborazione delle leggi in limiti normali; vogliamo che le leggi agricole siano fatte dalla Corporazione dell'Agricoltura, vogliamo un regime speciale, sì, una Corporazione per l'Agricoltura, una Corporazione della Metallurgia, una Corporazione della Pesca, del Cuoio; organismi capaci di preparare leggi ben fatte e che lavorino seriamente alla collaborazione fra gli uomini."

 

 

       

 

 

ECCIDIO DI SCHIO

L'Eccidio di Schio è il massacro compiuto nella notte tra il 6 e il 7 luglio 1945 a Schio (Vi) da un gruppo formato da ex partigiani della Divisione garibaldina "Ateo Garemi" ed agenti della Polizia ausiliaria (istituita alla fine della guerra e composta da ex partigiani).   Un reparto di partigiani della brigata garibaldina, comandati da "Romero" e "Teppa" (pseudonimi), irruppe nella notte del 6 luglio nel carcere mandamentale della città; non disponendo di elenchi di fascisti, li cercarono, e, non avendoli trovati, le vittime furono scelte tra i 99 detenuti del carcere. Tra questi, solo 8 erano stati indicati al momento dell'arresto come detenuti comuni, mentre 91 erano stati incarcerati come "politici" di possibile parte fascista, sebbene non tutti fossero ugualmente compromessi con il fascismo e in molti casi forse fossero stati arrestati per errore. Erano in corso gli accertamenti delle posizioni individuali. Per alcuni era già stata accertata l'estraneità alle accuse ed era già stata decisa la scarcerazione, non avvenuta per lentezze burocratiche. Gli 8 detenuti comuni vennero subito esclusi dalla lista, insieme a 2 detenute politiche non riconosciute come tali. Dopo una approssimativa cernita, che suscitò contrasti tra gli stessi fucilatori, alcuni proposero che fossero risparmiate almeno le donne, che in genere non erano state arrestate per responsabilità personale ma solo fermate per legami personali con fascisti o per indurle a testimoniare nell'inchiesta in corso. "Teppa" si oppose dicendo "Gli ordini sono ordini e vanno eseguiti", non disse da chi provenivano gli ordini, e non fu mai accertato, nonostante un processo apposito nel 1956. Dopo un'ora di incertezza, mentre alcuni partigiani non convinti si allontanarono, vennero uccise a colpi di mitraglia 54 persone, tra cui 14 donne (la più giovane di 16 anni), e ne vennero ferite numerose altre. Alcuni detenuti, coperti dai corpi dei caduti, si salvarono indenni. I soccorritori quando giunsero trovarono il sangue che colava sulla scala, sul cortile e arrivava fino sulla strada. Ecco cosa significa libertà per codesti signori. Di seguito il macabro elenco delle vittime che PROGETTO ZERO nel 63° anniversario vuole ricordare:

 

Morti sul posto

 

    Teresa Amadio, anni 41, operaia tessile.

 

    Teresa Alcaro, anni 45, segretaria del Fascio Repubblicano Femminile di Torrebelvicino, operaia tessile.

 

    Dr. Michele Arlotta,anni 62, membro del Direttorio del Fascio Repubblicano di Schio, Primario dell'ospedale di Schio.

 

    Irma Baldi, anni 20, iscritta al Fascio Repubblicano di Schio, casalinga.

 

    Quinta Bernardi, anni 28, operaia tessile.

 

    Umberto Bettini, anni 40, iscritto al Fascio Repubblicano di Schio, impiegato.

 

    Giuseppe Bicci, anni 20, della Milizia stradale della G.N.R., impiegato.

 

    Ettore Calvi, anni 45, legionario fiumano, Commissario del Fascio di Torrebelvicino e di Valli del Pasubio, tipografo.

 

    Livio Ceccato, anni 37, fondatore del Fascio Repubblicano di Schio, brigadiere della G.N.R., impiegato.

 

    Maria Dal Collo, anni 56, casalinga.

 

    Irma Dal Cucco, anni 19, casalinga.

 

    Anna Dal Dosso, anni 19, operaia.

 

    Antonio Dal Santo, anni 47,iscritto al Fascio Repubblicano, caporalmaggiore della G.N.R., operaio.

 

    Francesco De Lai, o Dellai Francesco, anni 42, iscritto al Fascio Repubblicano di Schio, operaio tessile.

 

    Settimio Fadin, anni 49, squadrista antemarcia, comandante la squadra fascista "La Disperata", fondatore del Fascio Repubblicano di Schio, commerciante.

 

    Mario Faggion, anni 27, iscritto al Fascio Repubblicano di Schio, milite della G.N.R., autista.

 

    Severino Fasson, anni 20, milite della G.N.R., calzolaio.

 

    Fernanda Franchini, anni 39, iscritta al Fascio Repubblicano di Schio,casalinga.

 

    Silvio Govoni, anni 55, membro del Comando della Brigata Nera di Schio, impiegato.

 

    Adone Lovise, anni 40, impiegato.

 

    Angela Irma Lovise, anni 44, iscritta al Fascio Repubblicano di Schio, casalinga.

 

    Blandina Lovise, anni 33, Ausiliaria della R.S.I., impiegata.

 

    Lidia Magnabosco, anni 18, prestò servizio presso i tedeschi, casalinga.

 

    Roberto Mantovani, anni 44, commissario Prefettizio di Tretto.

 

    Isidoro Dorino Marchioro, anni 35, segretario del Fascio di Schio e di San Vito di Leguzzano, commerciante.

 

    Alfredo Menegardi, anni .., milite della Brigata Nera di Thiene, capostazione.

 

    Egidio Miazzon, anni 44, fondatore del Fascio Repubblicano di Schio, membro del Direttorio, impiegato

 

    Giambattista Mignani, anni .. , milite della G.N.R.

 

    Luigi Nardello, anni 35, brigadiere della G.N.R., cuoco.

 

    Giovanna Pangrazio, anni 31, Ausiliaria della R.S.I., impiegata al Fascio Repubblicano di Torrebelvicino.

 

    Alfredo Perazzolo, anni 29, iscritto al Fascio Repubblicano di Schio, meccanico.

 

    Vito Ponzo, anni 58, commerciante.

 

    Giuseppe Pozzolo, anni 46, impiegato.

 

    Giselda Rinacchia, anni 25,iscritta al Fascio Repubblicano di Schio, operaia.

 

    Ruggero Rizzoli, anni 51, maggiore, della segreteria del Duce, diresse l'Ufficio Dispersi della RSI a Gargnano.

 

    Leonetto Rossi, anni 20, studente, della Milizia stradale della G.N.R.

 

    Antonio Sella, anni 60,Podestà di Valli del Pasubio, del Direttorio del Fascio Repubblicano di Schio, farmacista.

 

    Antonio Slivar, anni 65, Commissario Prefettizio e segretario del Fascio Repubblicano di Malo, pensionato.

 

    Luigi Spinato, anni 36,iscritto al Fascio Repubblicano di Schio, portiere.

 

    Giuseppe Stefani, anni 63, Podestà di Valdastico, impresario.

 

    Elisa Stella, anni 68, casalinga.

 

    Carlo Tadiello, anni 22, studente, ufficiale G.N.R.

 

    Sante Tommasi, ani 53, Fiduciario del Commissario del Fascio di Schio,capitano alpini collaborazionisti, impiegato.

 

    Luigi Tonti, anni 48, iscritto al Fascio Repubblicano di Schio, commerciante.

 

    Francesco Trentin, anni 53, iscritto al Fascio Repubblicano di Schio, delatore, invalido, operaio tessile.

 

    Ultimo Ziliotto, anni 38, Iscritto al Fascio Repubblicano di Schio, Commissario comunale dell'Opera Nazionale Balilla, impiegato.

 

    Oddone Zinzolini, anni 40, squadrista antemarcia, iscritto al Fascio Repubblicano di Schio, rappresentante.

 

Deceduti nei giorni successivi per le ferite riportate [modifica]

 

    Giovanni Baù, anni 24, commerciante.

 

    Settima Bernardi, anni 21, operaia.

 

    Arturo De Munari, anni 43, tessitore.

 

    Giuseppe Fistarol, anni 47, maggiore genio.

 

    Mario Plebani, anni 49,squadrista antemarcia comandante di coorte, Reggente del Fascio Repubblicano di Schio, commerciante.

 

    Carlo Sandonà, anni oltre 70, membro della Milizia, pensionato ex-barbiere

 

    Dr.Giulio Vescovi (ex commissario prefettizio fascista).

 

ONORE A VOI ITALIANI VITTIME DEL MALE ASSOLUTO (quello vero)

 

Ciao Sergio

 

Stava finendo l’inverno nel lontano 1975, e si assaporava già il profumo della primavera, ma ad un tratto tornò il buio….. Era il 13 marzo quando al rientro da scuola l’odio ideologico colpì Sergio, spappolandoli il cranio a colpi di chiave inglese. La luce della vita non si spense subito, la speranza per i familiari durò 47 giorni, giorni di atroce sofferenza ma ancor più triste indifferenza, era stato colpito un “fascista” a nessuno poteva interessare. Perché fu colpito? Aveva provocato i suoi aggressori? Chi erano gli aggressori? Domande che chi non conosce la triste storia può farsi. I suoi aggressori erano studenti della facoltà di medicina aderenti ad avanguardia operaia, non conoscevano nemmeno Sergio lo colpirono solo per le sue simpatie ideologiche e la sua appartenenza al Fronte della Gioventù. Sergio era un giovane di 18 anni, con buoni voti a scuola, che giocava in una squadra di calcio del quartiere dove abitava. Non si era mai reso colpevole di alcuna violenza: non aveva mai picchiato nessuno, non aveva fatto “sgarbi” a suoi assassini o ad altri ragazzi di idee politiche diverse dalle sue. Per la sua appartenenza politica Sergio ha dovuto subire diverse aggressioni e minacce tanto da dover spingere i genitori a iscriverlo ad un istituto privato. Era un ragazzo come tanti a cui è stato privato il sacrosanto diritto di vivere, di crearsi un futuro una famiglia, una vita appunto. A distanza di 35 anni dal quel tragico giorno ancora si ricorda quella giovane vita che è diventata un simbolo della libertà negata, un simbolo che in diverse città ha spinto i vari amministratori a ricordare Sergio dedicandogli una via un giardino o quant’altro. Ricordare un ragazzo degli anni ‘70 deve servire ai giovani di oggi e di domani per farli riflettere su cosa a spinto alla morte un loro coetaneo, sperando che sia di insegnamento e che tale sacrificio, non è l’unico purtroppo, non sia vano. Anche a Monza tramite il Consiglio di Circoscrizione 4 diversi anni or sono è stata richiesta l’intitolazione di un giardinetto. Ora i tempi sono maturi per poter concludere questa pagina e mettere l'ultimo tassello perché il giardino di via Caltafimi sia intitolato alla memoria di Sergio.

 

CIAO SERGIO, PER SEMPRE NEI NOSTRI CUORI!!!!

 

 

 

CROCIFISSO, COSA C'E' DIETRO?

Siamo a dicembre, mese sacro per la religione cristiana, e proprio nel mese della nascita di Gesù Cristo ci sembra giusto entrare nel merito della sentenza europea che impone all'Italia di togliere i crocifissi dagli uffici pubblici. Sentenza che ha subito visto la reazione del Governo Italiano con un netto no (ma vedremo come finirà), mentre i laici ridevano sotto i baffi senza esporsi: si sa tutti rendono conto alla chiesa di Roma e i voti cattolici fanno gola a tutti. Si proprio in questo modo si è posta la questione nella nostra nazione, da una parte chi difende il crocifisso e dall'altra chi ho sta a guardare o dice di toglierlo perché turba qualche povero extracomunitario mussulmano, la cui ultima preoccupazione penso sia proprio il crocifisso. Ma questa contrapposizione di parti distoglie dalle vere ragioni che hanno portato all'Europa dei finanzieri ad imporre questo procedimento all'Italia. Certo che il Vaticano risiede proprio sul suolo italico. Infatti i signori “muratori” (che nulla hanno a che fare con quei lavoratori che si spaccano la schiena 10 ore al giorno) nel loro disegno di monopolizzare la terra, o globalizzare, hanno un nemico che li si pone contro, la fede dei popoli. Infatti dopo che si impone all'Italia di rimuovere i crocifissi, in Svizzera patria del dio denaro passa un referendum contro i minareti islamici. Come sconfiggere le fedi? Mettendole l'una contro l'altra. E così si da il via a questi subdoli stratagemmi. Infatti questi signori pensavano che il cristianesimo e in primis il cattolicesimo fossero in declino, ma nell'aprile del 2005 per i funerali di Papa Giovanni Paolo II quella marea umana che accorse a San Pietro, forse fece lor cambiare opinione. Ed ecco in atto altri stratagemmi. Ma dopo aver colpito le religioni dovranno colpire le tradizioni nazionali o locali, infatti si arriverà a vietare la sagra del pesce, la festa dell'uva, i riti dell'ampolla sul Po e chissà cos'altro. È per questo che nessuno dovrebbe ridere del provvedimento europeo e riflettere su cosa c'è dietro. Così facendo arriveranno al loro scopo di distruggere le identità nazionali per renderci solo dei numeri che ingrassano le loro tasche. Per questo saremo sempre dalla parte dell'Europa dei popoli.

 

 PANDEMIA MEDIATICA

Da un paio di mesi sulle testate giornalistiche principali e non, o nei programmi televisivi non si fa altro che parlare della influenza A o H1N1 detta anche influenza suina. Ci risiamo dopo i polli, mucche ora tocca ai maiali, e la paura collettiva avanza, i pronto soccorsi paralizzati da presunti casi di influenza H1N1 che nel maggior numero dei casi è solo psicosi. Ma questa psicosi comporta che chi sta veramente male non può essere assistito in tempi brevi. Certo che i media ci hanno messo tutto l'impegno per creare il panico e nemmeno le rassicurazioni dei medici e del governo hanno fatto si di placare questa paura, ma si sa in Italia si ascolta più il gabibbo (per citarne uno simpatico) che le istituzioni. Come mai i media non hanno parlato lo scorso hanno delle ottomila vittime provocate dall'influenza stagionale? Come mai l'attenzione di questi signori di cultura non parla della Malaria che ogni anno nel mondo fa due milioni di vittime? O perchè non ci si sconvolge per i due milioni di bambini e bambine che ogni anno muoiono per colpa della Diarrea? Che si potrebbe curare con un siero da 25 centesimi. Molte altre malattie ogni anno causano migliaia se non milioni di morti nel mondo, soprattutto nelle nazioni più povere, ma nessuno fa nulla o nessuno porta alla ribalta mediatica. Ma l'influenza dei maiali si. Un paio di anni fa era toccata alla influenza aviaria, panico nessuno più mangiava pollo, e quanti sono stati i decessi? 250 in tutto il mondo. Ci chiediamo come mai non si parla delle altre malattie? Non sarà perchè c'è chi ci guadagna economicamente con la suina e l'aviaria? Ci si augura di no, ma pensar male spesso non si sbaglia.

 

SOCIALIZZAZIONE un’idea di socialismo

 

Dopo l’8settembre 1943, sancita la nascita della R.S.I., la struttura governativa fu spostata al nord adottando, per il nuovo stato, un nuovo assetto politico sociale ed economico. In questo numero vogliamo parlare della Socializzazione, che fu un’idea rivoluzionaria per lo stato. Con la R.s.i., il Ministero, che fino al 25 luglio si era denominato delle Corporazioni, assunse il titolo di Ministero dell’Economia Corporativa e fu dislocato inizialmente a Ponte di Brenta, vicino Padova, e in seguito a Bergamo, dove svolse un’azione più efficace. In quel periodo Mussolini proclamò da Monaco che bisognava dare al nuovo assetto statale una nuova impronta sociale, che portò il Duce a parlare, in un colloquio con l’ambasciatore tedesco, di un’impronta socialista della costituzione della Repubblica. Il compito di studiare tutto questo fu affidato ad Angelo Tarchi che in quel periodo era commissario di due enti economici, IMI e il consorzio di credito per le opere pubbliche. Intorno a Tarchi si formò un gruppo di giovani che diagnosticò che la relativa inefficienza del sistema corporativo era dovuta da una mancanza di rappresentatività delle forze del lavoro rispetto alle forze del capitale, perciò si proponeva di dare ai lavoratori la possibilità di partecipare alla disciplina del processo produttivo. Il gruppo di studio agì consapevole di essere in linea con il pensiero di Mussolini, e ne ebbe conferma quando in una relazione del Duce, sulla “organizzazione dello stato fascista repubblicano” , vi trovarono i concetti espressi da Tarchi a Mussolini. Infatti, poco dopo, Tarchi divenne Ministro dell’Economia Corporativa, e presentò a Mussolini una bozza di una “Premessa fondamentale per la creazione della nuova struttura dell’economia italiana”, approvata dal Duce diede vita a due provvedimenti : il decreto sulla socializzazione e quello sull’istituzione dell’istituto di gestione e finanziamento, l’organo che doveva gestire il settore pubblico dell’economia. Per socializzazione delle imprese si intendeva, da un lato l’assunzione dello stato della gestione delle imprese dei settori essenziali per l’indipendenza economica politica del paese, gestione che doveva attuare per mezzo dell’istituto di gestione e finanziamento ; dall’altro lato la partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese, sia private che pubbliche, come primo passo per la partecipazione di tutte le forze della produzione alla disciplina del processo decisionale. Questa si attuava con la trasformazione degli organi di gestione capitalistica in consigli di gestione, dai quali erano chiamati a far parte sia i rappresentanti dei portatori del capitale sia dei lavoratori, eletti dalle loro assemblee. Veniva configurata la posizione del capo della impresa, non più imprenditore capitalista ma espressione di fronte allo stato dell’attivazione del programma produttivo ed economico. La socializzazione venne accolta, dove fu attuata, con entusiasmo e portò numerosi lavoratori ad aderire alle assemblee, poiché videro in essa un progetto originale.

 

La socializzazione fu un primo passo verso la trasformazione del sistema economico in senso anticapitalista. La prospettiva finale contemplava una forma di rappresentanza politica fondata sulla partecipazione del cittadino-lavoratore al processo decisionale in forma diretta che andava al di là del voto elettorale, perciò fu qualcosa di ben più alto di un semplice provvedimento economico. L’idea che animava quel programma si può racchiudere in uno degli ultimi discorsi di Mussolini in cui dichiarò: “La realizzazione italiana, umana, nostra effettuabile del socialismo, nostra in quanto fa del lavoro il soggetto unico dell’economia ma respinge le meccaniche livellazioni di tutto e di tutti, livellazioni inesistenti nella natura e impossibili nella storia”.

 

I TEMPLARI

 

Uno dei feno meni più interessanti del periodo tra il secolo XI e il secolo XIII, periodo dove si svolsero le famose crociate, guerre sante bandite dalla chiesa per arginare l’espansione araba, è senz’altro quello dell’ordine monastico-religioso denominato Ordine del Tempio, meglio conosciuto come Ordine dei Templari. Nel 1118, Ugo di Payens, aveva radunato un drappello composto da una decina di cavalieri provenienti dalla Borgogna e dalla Champagne, per presidiare le pericolose strade che conducevano ai luoghi santi e per proteggere i pellegrini. Si facevano chiamare “i poveri cavalieri di Cristo” e il re Baldovino II donò ad Ugo di Payens un ala del suo palazzo, situato sulle fondamenta del Tempio di Salomone. Qui i cavalieri costituirono il monastero destinato a diventare la casa madre dell’Ordine. Sulla spianata del tempio si costituì il nucleo di una comunità monastico-militare, che dalla sua residenza fu detta Templare, con lo scopo di mantenere sicura la strada che dalla costa conduceva a Gerusalemme. Nasceva così un ordine destinato a grande fama, potere economico e militare, con una struttura che rispondeva all’esigenza di carattere strategico e militare di un esercito stabile che presidiasse i luoghi santi ed assicurasse le comunicazioni tra le città e gli insediamenti cristiani. Era altresì la nascita di un’ideologia, che portava nel cuore della Chiesa latina la sacralizzazione dell’ideale cavalleresco e crociato : la guerra diveniva parte della consacrazione a Dio. La fortuna dell’Ordine fu di trovare un apologista d’eccezione in San Bernardo di Claivaux, per opera del quale il Papa Onorio II, nel corso del concilio di Tryes nel 1128, riconobbe l’Ordine del Tempio. L’abate dei Cistercensi ne ispirò fortemente la Regola : con la sua opera “Delaude novae militiae” infiammò gli animi dei giovani discendenti delle più grandi casate nobiliari d’Europa, inducendoli a indossare il mantello bianco solcato dalla croce rossa. E lo stesso San Bernardo a porre al centro di un nuova dimensione spirituale la cavalleria, laddove il cavaliere armato e combattente diviene il simbolo stesso del cristiano impegnato contro il male. Nel formulare il concetto di “guerra giusta” la Chiesa cattolica arricchisce di nuovi significati e di valenze teologiche l’esistenza stessa della cavalleria, trasformando in milizia spirituale quei cavalieri che erano stati professionisti del combattimento a cavallo e talvolta fomentatori di disordini e rapitori di fanciulle. L’Ordine del Tempio divenne un’istituzione stabile, religiosa e militare, incarnazione dell’ideale della “cavalleria celeste”, conciliando l’inconciliabile, riunendo in una le due funzioni di monaco e di guerriero, rappresentando in modo perfetto l’ideologia della Crociata. La storia travagliata e suggestiva dei Templari passa attraverso la gestione del potere economico, la forza militare, il potere politico, fino poi alla persecuzione e alla cancellazione dell’Ordine, che lascia una lunga via di interrogativi e di misteri : fu Clemente V, nel 1312, sotto la pressione del re di Francia Filippo il Bello, grande persecutore dell’Ordine, ad ordinarne la soppressione. Il maestro Jacques de Molay, ultimo gran maestro dell’Ordine, fu arrestato con tutti i più importanti monaci-cavalieri, condannati ad atroci torture e poi al rogo. Tutte le ricchezze dell’Ordine furono incamerate dal re o forse parte dell’oro dei Templari non è mai stato ritrovato. Interrogativi che lasciano nel mistero e nella leggenda questo affascinante Ordine cavallersco che ha avuto un ruolo importante durante le Crociate.

 

MONDIALISMO: Povertà e Schiavitù

Possiamo citare una frase del senatore Giovanni Spadolini che nel 1991 in un intervista a “30giorni” afferma: “ l’esigenza di un governo mondiale per l’umanità si fa ogni giorno più forte”. Con questa premessa si capisce dove si sia voluto arrivare dal dopo guerra in poi. Alla creazione di un elite di uomini che sia al disopra di ogni governo. Per arrivare a tale creazione bisogna partire da molto lontano, dai rapporti di collaborazione tra il capitalismo anglo-americano e il comunismo, potrà sorprendere ma bisogna sapere che la rivoluzione bolscevica fu finanziata da dinastie di banchieri tra i quali i Warburg che molti anni dopo, uno di essi, nel 1950, dichiarò: “avremo un governo mondiale, che ciò piaccia o non piaccia. La sola questione è di sapere se sarà creato per conquista o per consenso”. A rafforzare le fila mondialiste fu fondata nel 1970 da David Rockefeller, la Trilateral Commission, in Italia conosciuta come Trilaterale, che altro non è che un potentato economico. Nel 1973 il fondatore indisse la prima riunione della trilaterale con i dirigenti economici-finanziari di U.S.A. , Europa e Giappone. Riunione tenutasi a Tokio e dove emerse l’esigenza di creare un governo unico mondiale. La trilaterale da decenni opera direttamente affinché le sue idee vengano inculcate nella cultura dell’Occidente: superamento degli stati nazionali, opposizione ai “protezionismi” commerciali, politica demografica e filo comunismo. Il mondialismo è il punto di arrivo di una storia sotterranea e alla base sta un’idea di potere. L’idea massonica di una nuova società atea, cosmopolita, anticristiana: questo e il progetto di fronte al quale tutto diventa divagazione. Dunque posto tale obbiettivo si intuisce che il ruolo del comuinismo e si comprende l’aiuto fluito ininterrottamente dalle casse del capitalismo agli improbabili “amici del popolo” trionfanti grazie a tali aiuti nell’ottobre del’17. In questo disegno il comunismo era l’alleato per distruggere e riedificare, per annullare la fede religiosa, della famiglia e della patria. Ma come la storia ci insegna quando non è più stato utile è stato distrutto anch’egli. Ora non posso sapere se esista un ordine supremo ma posso citarvi le parole di Kenneth Bouldin, docente all’Università del Michigan, “si può perfettamente concepire un mondo dominato da una dittatura invisibile nel quale tuttavia siano state mantenute le forme esteriori del governo democratico”. Detto questo uno degli effetti più evidenti del mondialismo lo abbiamo con la globalizzazione o economia globale. Con la parola economia globale si definisce quel processo per il quale tutto può essere prodotto o comprato in tutto il mondo in tempi reali e con la massima economizzazione dei costi. Questo processo porta quindi ad un fenomeno che se potrebbe sembrare positivo nasconde molte ombre, tra le quali creare i nuovi schiavi e nuovi poveri. Per far capire cosa si voglia dire farò alcuni esempi,se ordiniamo dei fiori tramite una grande organizzazione di vendita, quei fiori verranno confezionati in Colombia; per rimanere a casa nostra dove, a Monza, vi era uno degli stabilimenti più grossi d’Europa di una nota casa produttrice di TV che alla fine degli anni 90 ha trasferito l’unità produttiva in Polonia, dove la manodopera è a basso costo rispetto all’Italia. Questo fenomeno è destinato a crescere e a dar vita al “nuovo schiavismo” nei paesi del terzo e quarto Mondo, basato sullo sfruttamento di donne e minori senza tutela sociale e a salari bassissimi. Dal canto suo lo sviluppo dell’economia globale rende reale lo spostamento di grandi capitali e l’accesso a mercati di dimensioni impensabili semplicemente schiacciando un tasto di un P.C. o navigando con internet. Questo collega il calo di occupazione nei settori industriali, alla divaricazione sempre più accentuata di quella “forbice” che fa si che il divario fra redditi più alti e redditi più bassi sia sempre più calcata. Con questo divario arriveremo ad avere più povertà anche in occidente e per la fortuna di pochi servirà la sofferenza di molti. Ecco il MONDIALISMO.